giovedì 9 gennaio 2014

LA POLEMICA CON COOP. NESSUNA RISPOSTA ALL'UNICA VERA DOMANDA: QUANTO VENGONO PAGATE LE CLEMENTINE, A ROSARNO COME A CORIGLIANO?


In seguito alla nostra denuncia (http://sosrosarno.org/news/item/159-11-gennaio-2014-giornata-di-sostegno-alla-resistenza-contadina-e-bracciantile.html),
COOP risponde con argomenti prevedibili, spostando il problema invece di affrontarlo:



L'unica risposta che coop può dare e non dà mai è QUANTO concretamente ed esattamente vengono pagati al produttore sul campo - non a intermediari vari ed eventuali, locali o nazionali - i frutti venduti sui banchi dei suoi esercizi.
Poco importa che si tratti di Rosarno o di Corigliano, della piana di Gioia Tauro o della Sibaritide, quando sono identici i meccanismi che attraverso l'imposizione dei prezzi di vendita alla fonte implicano lo strozzamento della piccola agricoltura e il ricasco sull'ultimo anello, i braccianti, del peso enorme di tutta la catena di sfruttamento e speculazione che dai campi arriva fino ai banchi dei supermercati.

Ancora poco importa che si tratti di agrumi o di pomodoro, di Calabria o di  Sicilia o di Puglia e Campania, di fresco o di prodotto lavorato nei conservifici... il meccanismo è uguale. Il male parte sempre dalla testa!

Dire che COOP non compra più a Rosarno è molto grave.


In ossequio al sensazionalismo giornalistico demonizzante COOP vorrebbe "cacciare dal paradiso" dei suoi canali di distribuzione i cattivi rosarnesi e continuare allo stesso identico modo in zone come Corigliano e la Sibaritide in generale - l'unica altra da cui possono rifornirsi - in cui conosciamo come, mutatis mutandis, la sostanza dello sfruttamento bracciantile non cambi.
È ancora più grave che si risponda criminalizzando un territorio di frontiera, che vive nell'abbandono totale da parte delle istituzioni un fenomeno imponente di disagio sociale stagionale che si somma a quello già presente in un'area depressa come questa.
Demonizzare chi sta coi piedi nel fango per lavare la coscienza di chi, in alto, porta le responsabilità di governo dell'intera filiera è una professione troppo facile e consueta, per chi come COOP mette insieme il fare trade e il made in Italy fabbricato sul sudore dei moderni servi.
Allo stesso scopo e non altro servono i protocolli che COOP fa firmare ai produttori come pure gli attestati, quando non prevedono a premessa l'equità dei prezzi riconosciuti ai produttori e la trasparenza per i consumatori. Questa l'unica "responsabilità sociale" utile verso chi, penultimo e ultimo anello della catena, piccoli contadini e braccianti, ne sopporta tutto il peso.

L'aritmetica viene prima degli attestati di Consumers International e i disciplinari SA8000. Poco valgono i controlli di carta, quando basta non segnare le giornate per sfruttare manodopera sostanzialmente a nero anche se formalmente impiegata. Senza i numeri, le garanzie di COOP non hanno alcun fondamento.

Si legge in un comunicato ufficiale diramato dall'azienda che "Nel 2010 è stato ulteriormente intensificato il presidio sulla filiera delle clementine in Calabria ...
anche nelle campagna 2011/2012/2013, pur in assenza del clamore mediatico, abbiamo proseguito con le verifiche  e col rilevare e risolvere i problemi che eventualmente si presentano, perché dietro al marchio Coop l’impegno è concreto e continuo"

BENE! Ci dicano allora una volta per tutte quanto viene pagata ai produttori, sul campo, di norma, al di là delle eccezioni di Natale, la frutta che COOP vende nei suoi esercizi.
O meglio, se per "riservatezza" non si vogliono rivelare queste informazioni, si creino seriamente canali di commercializzazione etica in cui, dietro garanzie di assunzione regolare e regolare retribuzione della manodopera, si pratichi un prezzo davvero equo e sostenibile ai produttori e si realizzi la trasparenza esponendo negli esercizi quanto loro viene riconosciuto e quanto il margine per COOP.

RESTIAMO A DISPOSIZIONE PER QUALUNQUE CONFRONTO…
L’11 GENNAIO A ROMA, LIVORNO, FIRENZE, BOLOGNA, E MILANO TUTTI DAVANTI ALLA COOP